Residenza Alzheimer Non ti scordar di me

LA STIMOLAZIONE SENSORIALE E MOTORIA COME FORMA DI COMUNICAZIONE E DI TRATTAMENTO DEI DISTURBI COMPORTAMENTALI NEL MALATO DI ALZHEIMER


“Il contato permette al malato di entrare in relazione con il mondo che lo circonda”

La maggior parte delle persone ritiene che l’intervento riabilitativo nel malato di Alzheimer soprattutto nelle fasi avanzate della malattia sia inutile e troppo dispendioso. Nel progredire della malattia, quando i farmaci sortiscono sempre meno effetto la riabilitazione diventa la terapia per eccellenza.

Poiché è diffuso un sentimento di impotenza alla continua ed inesorabile progressione della malattia, noi, come operatrici sanitarie fisioterapiste, non credevamo di poter ottenere risultati. Abituate a lavorare con soggetti cognitivamente non compromessi, dove a fine trattamento si riscontrano i risultati oggettivi del lavoro svolto (risultato il più delle volte positivo), nonché la gratificazione attraverso il ringraziamento e la soddisfazione da parte del paziente, credevamo che con il malato di Alzheimer tutto ciò non potesse essere possibile. Ci siamo rese conto però che in questo contesto si vive una realtà completamente diversa in quanto l’assenza di risposte esplicite porta ad interpretare ogni minimo segnale che il paziente cerca di esprimere sia con lo sguardo che con il linguaggio del corpo.

Quando a causa del deterioramento cognitivo viene perduta la capacità di comunicare attraverso il linguaggio, il contatto diviene una forma di comunicazione che permette al malato di entrare in relazione con il mondo.

Per un malato di Alzheimer la postura, l’espressione del viso, il tono della voce, ma soprattutto il tatto assumono una grandissima importanza e diventano gli unici mezzi attraverso i quali può avvenire uno scambio. Nelle fasi avanzate della malattia in cui le interazioni con il mondo sono ridotte al minimo e spesso sono presenti importanti disturbi comportamentali, la capacità di rapportarsi fisicamente con il malato può risolvere e sdrammatizzare crisi catastrofiche, attacchi di ansia e paura poiché il contatto rassicura, tranquillizza, rasserena e non intossica come i farmaci. Riteniamo anche che il massaggio muscolare, essendo una delle tecniche di rilassamento più antiche ed efficaci possa essere uno strumento preliminare per poter stabilire un contatto dove rilassando la muscolatura si riesce poi ad attuare un trattamento di mobilizzazione completo.                                                                                                                                                                                 

In fondo ogni uomo cerca di soddisfare il suo naturale bisogno di contatto fisico, di amore, di carezze, di calore: forse il massaggio può divenire uno strumento per rispondere a tali necessità.

Il recupero psicomotorio del valore comunicativo di atteggiamenti, posture, sguardi, gesti e delle loro variazioni nella relazione costituisce inoltre un interessante stimolo per la comprensione del comportamento e per la comunicazione della persona con demenza, in cui il sintomo comportamentale è spesso l’unico mezzo di comunicazione con l’esterno. Osservando accuratamente i messaggi non verbali del malato si possono capire le sue paure, i suoi disagi, i suoi desideri ed i suoi bisogni. Il contatto oculare, le espressioni del viso ed i gesti sono di fondamentale importanza per comunicare e quindi ogni volta che trattiamo un malato cerchiamo sempre per prima cosa di stabilire un contatto che ci permetterà poi di attuare un programma di lavoro personalizzato ed individualizzato.

Il piano di trattamento è calibrato sia dal punto di vista funzionale, cioè in base alle capacità residue del singolo ospite, ma ance da un punto di vista emotivo utilizzando con ognuno la modalità di approccio più efficace.

Il lavoro che svolgiamo all’interno dell’istituto è un lavoro di equipe: gli obiettivi sono conosciuti e condivisi da tutti gli operatori coinvolti pur avendo ogni operatore un ruolo e una responsabilità. Ogni operatore che interagisce o non interagisce con l’ospite conosce la modalità di rapportarsi con lui. Nonostante sia presente un progetto riabilitativo prefissato valutiamo giornalmente quello che è più opportuno fare e poi agiamo di conseguenza andando a rilassare o stimolare a seconda delle necessità della giornata o del momento.

Ovviamente ogni attività motoria dovrà essere personalizzata in base alle caratteristiche della persona, alle funzioni individuali e correlata al modello di invecchiamento del singolo.

Un giusto equilibrio fra movimento e riposo è fondamentale per il benessere delle persone soprattutto per i malati di Alzheimer che per molti anni non presentano problemi di movimento se non eventualmente l’eccesso di questo.

Talvolta l’attività motoria costante, la sola passeggiata può rappresentare una valida opposizione a comportamenti motori aberranti (vagabondaggio), a difficili riposo notturno e ad episodiche agitazioni incontrollabili talora anche dai farmaci. Nelle fasi avanzate della malattia, l’attività motoria si riduce e parallelamente aumenta la rigidità muscolare; si sviluppano sintomi neurologici che riducono i movimenti e la possibilità di camminare quindi viene insegnato ai parenti ed agli operatori che il movimento è parte integrante del processo di cura, alla stregua delle medicine.

Quando iniziano le incertezze della marcia, la regressione delle più elementari attività di controllo delle cadute, l’ipocinesia ed il rallentamento motorio è utile mantenere una attività motoria costante e quotidiana sia con deambulazione assistita che con tecniche di mobilizzazione passiva e laddove possibile attiva. Questa prevede esercizi per l’equilibrio e la coordinazione, attività motorie sotto forma di gioco con semplici esercizi ed uso di strumenti come palle, bastoni, birilli con lo scopo di facilitare l’esecuzione di gesti finalizzati.

Durante la fase terminale della malattia, che può durare anche diversi anni, vengono perse del tutto le attività di base, la capacità di muoversi autonomamente e il malato tende ad assumere la posizione fetale. Ed è proprio in questa ultima fase della malattia che il trattamento riabilitativo diventa ancor più delicato. Qui, oltre alle abilità manuali del fisioterapista, che svolge prettamente una riabilitazione passiva atta ad evitare tutte quelle complicanze legate all’immobilità, entra in gioco la sensibilità dell’operatore che riesce ad instaurare un legame profondo con i suoi pazienti anche in assenza di colloqui verbali, ma solo leggendo attraverso gli occhi la necessità del paziente di essere aiutato. A tale proposito vogliamo trasmettere ad ognuno di voi che sarà interessato a conoscere e capire il malato di Alzheimer, quello che noi come operatrici sentiamo nel più profondo del nostro cuore: “La malattia di Alzheimer distrugge la memoria, ma non sopprime i sentimenti”.

Gironi Gloria - Fisioterapista "Non ti scordar di me"

Pubblicato il: 21-01-2016 - Categoria : News